Le terme naturali di Petriolo

Le terme di Petriolo, conosciuti anche come Bagni di Petriolo, sono una sorgente termale toscana situata nella suggestiva valle dell’Ombrone, dove scorre il fiume Farma, a cavallo tra le province di Siena (33 km circa) e Grosseto (45 km). Conosciute sin dall’epoca romana, e probabilmente anche etrusca, citate da illustri personalità del mondo latino come Cicerone e Marziale, il primo complesso termale costruito a Petriolo risale addirittura all’inizio del Quattrocento, nel territorio dell’attuale comune di Monticiano.

Data la natura della struttura, della quale oggi si possono ammirare i resti delle spesse mura in pietra e di un basso loggiato, il cosiddetto Bagno Nobile di Petriolo costituisce un mirabile esempio di castello termale, eretto a protezione della fonte termale stessa, che permetteva inoltre alla repubblica di Siena di far pagare una sorta di biglietto di ingresso ai visitatori. Per tutto il Rinascimento le terme fortificate di Petriolo diventano una meta apprezzatissima da illustri personaggi dell’epoca, come papa Pio II ed esponenti della famiglia dei Medici di Firenze o dei Gonzaga di Mantova. Nonostante la presenza dell’antica struttura fortificata quattrocentesca e del moderno centro termale delle terme di Petriolo situato proprio sulle rive del fiume Farma, Petriolo è conosciuta in tutta Italia per le sue terme naturali, libere e completamente gratuite, la cui fama in Toscana è seconda solo alle cascate del Mulino situate nei pressi Saturnia.

Le terme libere di Petriolo

Le secolari acque, saline e ipertermali, di Petriolo sgorgano a cascata direttamente sulla riva del fiume Farma a una temperatura di 43°C ricchissime di minerali dalle proprietà benefiche, tra cui lo zolfo ma soprattutto il calcare. Nel tempo quest’ultimo ha permesso infatti la formazione di alcune candide piscine calcaree che raccolgono naturalmente le calde acque termali di questa fonte, particolarmente indicate nella cura di malattie croniche, pelle e artriti reumatoidi. Chi, per sua fortuna, non soffre di alcun tipo di malessere ma si immerge nelle calde acque di Petriolo alla ricerca di relax e benessere immerso completamente nella natura, riceverà gli straordinari effetti di rilassamento garantito di queste acque sia a livello muscolare che nervoso.

I bagni liberi di Petriolo, delimitati dalle fredde acque del fiume Farma tramite un muretto di ciottoli, permettono con facilità di spostarsi tra una vasca e l’altra scegliendo la temperatura ideale, esattamente come un tempo erano suddivise le varie stanze di un edificio termale nell’antica Roma, disponendo dunque a pochi metri distanza l’uno dall’altre di calidarium, tepidarium e frigidarium, rappresentato in questo caso dal fiume stesso. Se l’alta concentrazione di calcare presente nelle acque termali di Petriolo ha permesso la formazione delle sue meravigliose piscine naturali con il loro tipico color bianco candido, lo zolfo invece ha a sua volta creato uno strato fangoso sui ciottoli neri del fiume Farma, ricco di elementi minerali e microrganismi che, utilizzati come uno scrub naturale, rappresentano un vero toccasana per la pelle.

Proprio a fianco delle vasche termali di Petriolo, da alcuni decenni è sorto il moderno stabilimento termale delle terme di Petriolo, che però non ha minimamente intaccato la fama e l’afflusso di visitatori delle libere piscine presenti sul bordo del fiume Farma. Come altre località termali toscane, il centro propone da un lato vasche termali terapeutiche e alcuni trattamenti di cura, convenzionate con il Sistema Sanitario Nazionale, tra cui inalazioni, fangobalneoterapia e massoterapia, dall’altro un moderno centro benessere che propone ai propri ospiti vasche termali interne ed esterne con vista sul fiume, nonché un ampio pacchetto di massaggi e trattamenti a base di fanghi e argilla termale.

Le terme di Petriolo e dintorni: la val di Merse e il borgo di Murlo

I celebri Bagni di Petriolo sono immersi in uno scenario naturale a dir poco fiabesco, posto alla confluenza di ben tre riserve Naturali: quella che si sviluppa intorno al castello di Tocchi nel comune di Monticiano, oggi trasformato in elegante struttura ricettiva, quella del fiume Farma e la suggestiva riserva naturale del basso Merse. La val di Merse è caratterizzata da innumerevoli ruscelli e torrenti nonché bassi cespugli di erica e corbezzolo tipici della cosiddetta gariga, entro le quali si aprono macchie fitte di lecceti, dove non è difficile avvistare lontre, daini, martore, gatti selvatici, sparvieri, poiane, gamberi di fiume, rospi smeraldini e salamandre con gli occhiali, entrambe specie di anfibi ormai rare.

Una volta che le calde acque termali delle terme libere di Petriolo vi hanno totalmente rigenerato non mancate quindi di addentrarvi nella magica val di Merse, per scoprirne le meraviglie naturali ma anche quelle artistiche, custodite nei tanti borghi medievali e luoghi di interesse storico-archeologico presenti in quest’area, tra i quali non si possono non citare Murlo (23 km), Chiusdino (35 km) e le antiche vestigia dell’abbazia di San Galgano (30 km), senza dubbio il fiore all’occhiello di questo angolo di Toscana.

Il piccolo borgo di Murlo sembra essere uscito davvero da un’altra epoca, non solo per i resti del palazzo principesco di epoca etrusca (VII-VI secolo a.C.) ritrovati a Poggio Civitate (1,5 km), come la bizzarra statua in terracotta, detta del Cappellone, custodita nelle sale del locale Antiquarium e oggi divenuta ormai simbolo di Murlo, oppure per il profilo cinquecentesco della chiesa di San Fortunato da Todi, con le tele raffiguranti rispettivamente I santi Biagio, Domenico, Caterina da Siena e San Sebastiano in adorazione della Madonna col Bambino di Astolfo Petrazzi. Il minuscolo borgo medievale di Murlo, antico feudo dei vescovi di Siena, è rimasto isolato per quasi sei secoli, dal 1189 al 1749. Osservare i volti dai profili etruschi dei suoi abitanti vuol dire immergersi di colpo in una dimensione a dir poco magica, capace di riportare straordinariamente alla vita migliaia di anni ormai passati.

Le terme di Petriolo e dintorni: Chiusdino e l’abbazia di San Galgano

Arroccato su di un poggio delle colline Metallifere, il borgo medievale di Chiusdino domina dall’alto della sua strategica posizione la val di Merse con il suo carico di storia antica. Le prime notizie di un castello edificato in questo luogo si hanno già a partire dal VII secolo d.C. L’abitato è racchiuso ancora oggi da alcuni tratti della doppia cerchia muraria originale eretta a protezione di un dedalo vorticoso di stradine sulle quali si affacciano ancora numerose abitazioni di epoca medievale come la presunta casa di San Galgano Guidotti, nato a Chiusdino intorno al 1150. Da non perdere inoltre la Propositura di San Michele Arcangelo, al cui interno è conservato il reliquiario contenente la testa di San Galgano, e la chiesa di San Sebastiano, sede della confraternita intitolata al santo eremita di Chiusdino, fondata nel 1185 e per questo la più antica tra quelle ancora esistenti in Italia.

A soli 3 km circa di Chiusdino si trova il mulino delle Pile, quello del mulino Bianco. A soli 12 km circa da Chiusdino si trovano infine le suggestive vestigia dell’antica abbazia di San Galgano, che negli ultimi anni è diventato tra l’altro uno dei luoghi più fotografati d’Italia. Una leggenda, ispirata sicuramente al mito di re Artù e della spada nella roccia, narra dell’arrivo di Galgano sul colle di Montesiepi il giorno di Natale del 1180. Giunto sulla sommità del colle e deciso a condurre da quel momento vita eremitica, Galgano conficca la sua spada nel terreno al fine di trasformarla in una croce.

Un anno dopo Galgano muore e in quel punto, nel 1185, viene edificato una cappella a lui dedicata, corrispondente oggi all’eremo detto la Rotonda di Montesiepi, e nel 1218 cominciano i lavori per la costruzione di un’imponente abbazia, distante circa 10 minuti a piedi, della quale oggi rimane soltanto il perimetro delle mura esterne e le due fila di massicci pilastri con le loro arcate monumentali a separare le due navate laterali della chiesa da quella centrale. Prima ancora che l’edificio fosse terminato, l’intero progetto e lo sviluppo della comunità cistercense si arrestò di colpo a causa prima di una carestia (1328) e poi di un’epidemia di peste (1348). Nel 1474 i monaci abbandonarono definitivamente il monastero, lasciandolo di fatto in uno stato di degrado progressivo, che numerosi tentativi di restauro avviati nei secoli successivi hanno saputo arrestare. Oggi la cristallizzazione dell’architettura superstite di questo splendido edificio monastico rappresenta uno dei luoghi più suggestivi e magici di tutta la Toscana.

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