Alla scoperta di San Pietro in Vincoli e del Mosè di Michelangelo

Nell’affascinante quartiere di Monti a Roma sorge la cinquecentesca Basilica di San Pietro in Vincoli, che domina l’omonima piazza, ed è celebre per ospitare, dal 1545, uno dei capolavori assoluti dell’arte rinascimentale: la colossale statua del Mosè di Michelangelo Buonarroti, scolpita nel 1513 per adornare il monumento funebre di Giulio II.

La Basilica, detta anche eudossiana dal nome della fondatrice, fu voluta nel V secolo da Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II Imperatore d’Oriente e moglie di Valentiniano III. La madre, infatti, ricevette in dono da Giovenale le catene che avevano legato San Pietro durante la prigionia a Gerusalemme e le inviò a Licinia che, a sua volta, le donò personalmente a papa Leone Magno.

Il Pontefice, già in possesso delle catene utilizzate nel Carcere Mamertino, le accostò e, miracolosamente, si fusero in una sola catena.

Così, per ricordare e celebrare il miracolo, sorse la chiesa che, oggi, è visibile con l’aspetto dei restauri richiesti da Giulio II a inizio del Cinquecento che interessarono il portico e la facciata. Il portico, dinanzi alla basilica, è a cinque arcate sorrette da pilastri ottogonali che riportano, nei capitelli, lo stemma di papa Giulio II.

Tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta, furono rinvenuti, sotto al pavimento della navata centrale, alcuni edifici sovrapposti appartenenti a domus aristocratiche di età repubblicana e imperiale, due case della fine del II secolo a.C. e un’ampia domus il cui cortile con vasca centrale e giardini era forse parte integrante della Domus Aurea o della Domus Transitoria.

Gli interni, a pianta basilicale, subirono modifiche nel corso del Settecento e sono suddivisi in tre navate separate da 20 colonne doriche in marmo greco e custodiscono, come accennato, l’autentico capolavoro dell’arte rinascimentale, il Mosè di Michelangelo.

L’opera ritrae un maestoso Mosè seduto con sotto un braccio le Tavole della Legge appena ricevute dal Signore mentre, con l’altra mano, si accarezza la barba con un gesto definito dal Vasari “più opera di pennello che di scalpello“.

Il momento immortalato nel marmo da Michelangelo è quello subito dopo la consegna dei Comandamenti sul Monte Sinai, quando Mosè trova gli Israeliti intenti ad adorare un vitello d’oro. Michelangelo rappresenta, con rara perfezione, la terribile ira che invade il profeta che sembra sul punto di alzarsi e distruggere tutto.

Cronache dell’epoca narrano che il Mosè fosse una delle opere predilette dall’artista rinascimentale che la riteneva assolutamente realista.

mosè di michelangelo

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